La storia del cavallino rampante è semplice e affascinante. Lo stemma del cavallino è quello di Francesco Baracca, aviatore romagnolo eroe del Primo Conflitto Mondiale che lo dipinse sulla carlinga del proprio aereo. Dopo aver abbattuto cinque aerei nemici, un pilota diventava “asso” e poteva scegliere un simbolo da apporre alla propria carlinga, Baracca scelse proprio il cavallino. Baracca morì in battaglia il 19 giugno 1918.
Nel 1923 un giovane pilota di nome Enzo Ferrari, in seguito alle vittore al “Circuito del Savio”, conobbe il conte Enrico e la contessa Paolina Baracca, genitori di Francesco, che, entusiasmati dal coraggio e dall’ardimento manifestati dal giovane Ferrari, gli affidarono il simbolo glorioso del loro figliolo caduto affinché lo portasse nuovamente nell’agone, non più bellico ma sportivo.
Queste le parole dello stesso Enzo Ferrari:
“Quando vinsi nel 1923 il primo circuito del Savio, che si correva a Ravenna, conobbi il conte Enrico Baracca padre dell’eroe; da quell’incontro nacque il successivo con la madre, la contessa Paolina. Fu essa a dirmi, un giorno: ‘Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna’. Conservo ancora la fotografia di Baracca, con la dedica dei genitori, in cui mi affidarono l’emblema. Il cavallino era ed è rimasto nero; io aggiunsi il fondo giallo canarino che è il colore di Modena”.
L’emblema del cavallino rampante apparve per la prima volta nel 1929 su tutte le pubblicazioni, le insegne e le carte intestate della società, ma non sulle macchine. Le auto da corsa appartenevano all’Alfa Romeo che a sua volta aveva un proprio emblema sportivo: il quadrifoglio verde montato su un triangolo bianco per risultare più evidente sulla carrozzeria rossa delle vetture. Per vedere lo stemma del cavallino rampante sulle auto si dovette aspettare fino al 9 luglio 1932 quando si corse la 24 Ore di Spa, il cavallino rampante portò fortuna: la massacrante gara fu vinta dalla vettura di Taruffi e D’Ippolito seguita da quella di Siena e Brivio. Il resto è storia.